Inizio lentamente a studiare, ma non ancora a lavorare. Di solito, per andare al corso di turco, entravo nel dipartimento di lingue dall'entrata principale. Questa settimana ho trovato una scorciatoia, passando dal retro. Nella brina mattutina, attraverso strade semi deserte con entrate di parcheggi da un lato e dall'altro locande dismesse con sedie ricavate da ceste di frutta e signori barbuti seduti in bilico su di esse. Poi arrivo all'entrata secondaria all'università, una cancellata arrugginita. Per arrivare al mio block devo passare dal cortile. Una stesa di cemento in salita con biciclette malmesse e scale di legno a pioli come se piovessero. Alla fine della salita un rudere di mattoncini rossi spunta in mezzo a sterpaglie e arbusti secchi. Sembra un edificio romano. Buttato lì, quasi a dar fastidio.
Sento dei versi strani e presto vedo affacciarsi da dietro questa strana costruzione un gruppetto di galli ruspanti. Ci sono anche le loro mogli. Pochi metri più in là qualche studente addormentato fuma una sigaretta prima dell'inizio della lezione.
Eppure dall'esterno l'università vuole apparire così. Mi piace di più la dimensione pollo.
In classe speravo di fare qualche conoscenza. Invece sono tutti un po' piccoli per passar insieme qualche serata, in particolare ora che in Turchia è passata una nuova legge: niente alcool nei bar ai minori di 24 anni. Non possono bere ma per andar al confine per il servizio militare non c'è problema.
Ritornando ai miei compagni del corso di turco... Entro in classe e vedo tante piccole figurine. Sei diciottenni indonesiani, due georgiani e un afgano. Sono l'unica europea e nessuno parla una lingua a me nota, escludendo il turco che ancora per me è un concetto più astratto che altro. Gentilmente ci presentiamo e li lascio di stucco comunicandogli la mia età. Per loro sono un pezzo antico e non solo per quello che studio.
Cortesemente mi dicono che sembro più giovane. Nonostante vogliano cercare di farmi un complimento non sono poi così sicura della mia reazione.
Il venerdì e il sabato sera non riesco a esimermi dall' uscire e dar sfogo alle mie dubbie capacità di ballerina. Una sera, al solito Ritim pub incontro un simpatico americano. Mi racconta del suo pacco da turista al Cairo: ben tre papiri con scritto i nomi dei suoi genitori e il suo in geroglifico, 'originali' ovviamente. Alla modica cifra di cento dollaroni. Accortosi miracolosamente del misfatto, è corso alla polizia turistica e si è fatto restituire i verdoni.
Con l'aria soddisfatta ci dice: - In più mi sono potuto tenere i papiri!-
Un'altra sera mi ritrovo ad un concerto di musica tradizionale greca a ballare con donnone attiche ed un arzillissimo sessantenne turco amante della cultura greca. Ci ritroviamo nel corridoio a fumare e scopro con piacere che parla benissimo inglese, parla solo di politica. Ma quando balla fa davvero un figurone.
La domenica in relax vado a trovare la mia amichetta australiana Viv. A breve ripartirà, passando prima a trovare i suoi figli: in via di licenza diciamoli uno in Irlanda, l'altra nel New Jersey. Ne approfitterà per visitare un po' l'Europa. Due mesi in tutto. Viv non capisce il mio stupore, poi le spiego che è a causa del rapporto distanza-tempo che sono a bocca aperta. Mi risponde che il viaggio aereo è di poche ore. Il mondo ha proporzione diverse a seconda di quanto tu lo viva effettivamente.
Viv sta vendendo tutte le sue cose e ha organizzato un mercato in casa con i cartellini dei prezzi e quant'altro. Tutto è davvero conveniente. Io sto scegliendo le tende quando arriva una sua amica turca. Mi aveva raccontato la sua storia pochi minuti prima. Sposata con un suo vecchissimo amico d'infanzia, con cui non si era più vista per undici anni, e arrivati all'altare dopo soli 2 mesi insieme. Sembra sia una cosa normale qui in Turchia, per la facilità burocratica dell'atto e dell'eventuale divorzio, indolore anche quello (burocratese parlando).
Non fa in tempo ad entrare che già la sua espressione dice tutto. Si stanno separando, dopo solo due settimane di matrimonio. Il motivo si trova nel fatto che il novello maritino, subito dopo il matrimonio si comporta come se lei fosse la sua domestica. Peccato sia la domestica quella che lavora, la proprietaria di casa, nonché quella che paga le bollette e fa la spesa. A volte i vecchi stereotipi tardano ad autodistruggersi e scomparire cortesemente.
Ombra si fa veder e sentire poco. Anzi oserei dire che quasi mi sfugge. Potere è scioccato dal fatto che non mi dia una mano per davvero.
Io trovo sempre una scusa, non ci credo nemmeno io. Non può non voler aiutarmi. Quindi sono in un punto fermo, proprio morto, che sa quasi di stantio. Non mi riesco a sentire adeguata a non fare quello per cui sono venuta.
La volta che finalmente Ombra si palesa diviene subito una figura davvero ingombrante e riesce nel giro di poche ore a scoprire tutti i miei fili scoperti. Tenendoci a lui, riesce proprio a colpirmi ed arrivare al punto. Anzi ai punti.
Il primo a raccontare è lui.
Sciorina fuori tutti i suoi problemi e io mi sento una stupida ad aver dubitato di lui. Poi ci ripenso. Sarà tutto vero? Lo dirà proprio per farmi sentire così?
Non mi è dato saperlo. Povera vecchia europea che non sono altro.
Non disdegna comunque le mie storie, non risparmiandosi nei commenti. Dopo una lunga digressione sull'apprendimento del turco conclude col dire che, di fatto, mi sarà impossibile impararlo. A scuola usano il turco ufficiale che in realtà non esiste, i miei amici parlano fluentemente in inglese e al mercato piuttosto parlano curdo. Una missione che necessita troppi sforzi e non porta a nessun risultato.
Anche se questa è una favoletta, pensata per dire a se stesso che ci sono tante attenuanti per imparare veramente una lingua diversa dalla propria, mi sento di replicare. Un ghigno sarcastico si fa spasso nel suo viso, finendo per acconsentire come si fa con gli stupidi. Arriva poi il momento di criticare la mia scelta di frequentare un corso e un gruppo di arrampicata qui a Istanbul. Una banda di arrampicatori molto simpatica, friendly, divertente. Mi hanno trasmesso un bellissimo senso di rilassatezza e di casa, a differenza di Ombra. Uno sport da far dal paese in cui vengo o al massimo nei paesi confinanti – dice lui. In effetti non capirò mai la vera cultura e la vera vita in Turchia se persevero a cercare il riflesso dei miei interessi anche fuori da casa mia, così esotici e, appunto, senza senso...
Ombra cerca di cambiare argomento, mi chiede cosa farò la sera successiva. Vado all'incontro Couchsurfing per imparare lo spagnolo – rispondo io senza troppa enfasi.
Un grande sospiro gli fa gonfiare il torace e alzare le spalle.
- Ma perché vuoi imparare lo spagnolo Marianna!?! Sei a Istanbul! -.
Come se non fossi libera di impiegare il mio tempo e i miei sforzi. Le mie passioni.
Uno. Due. Tre.
Conto di nuovo.
Uno. Due. Tre.
Ancora resisto nonostante mi istighi a mandarlo a quel paese.
La conversazione continua. Nel frattempo abbiamo cambiato bar. Abbiamo raggiunto i suoi amici in questo locale che sembra la casa di qualcuno. Si può fumare dentro e subito ci portano un vassoio di pesci tipici del Karadeniz (Mar Nero), accompagnati da insalata. Al tavolo accanto al nostro incontro il danzatore turco dell'altra sera. Ci salutiamo contenti, forse il momento migliore della serata.
Io e Ombra cominciamo a discutere con più vigore. Mi accusa di non essere di mentalità aperta, di non tenere ai diritti delle donne, o almeno non abbastanza.
Sono stufa di questi discorsi e questo pressappochismo. Non ho bisogno di dimostrare il mio punto di vista, di quanto creda fortemente che non ci siano differenze nel genere umano, che siano di genere, orientamento sessuale, cultura o colore. Non devo dimostrare a nessuno quanto siamo tutti kardesler. Lo siamo e basta. Ombra non lo capisce. Usa parole altolocate. Prende come esempio le sue amiche femministe, così intelligenti che infatti pensano che concedersi ogni qual volta si voglia sia l'obiettivo delle loro lotte.
Intelligenza.
Quanti parametri usiamo in antropologia per definirla e nonostante tutto non arriviamo a capirla. Nemmeno nel presente.
Ombra si merita la sua stessa arma. Non mi risparmio. I suoi amici smettono di parlare sentendo uscirmi dalla bocca le sue stesse parole scurrili, in turco.
Così Ombra sorride con amarezza. Mi dice che in fondo sono vecchia dentro e forse è per questo che sono intelligente, ma soprattutto mi ha aiutato il fatto di essere così ugly. Però gli manca avermi come coinquilina. Non riesco proprio a seguirlo: ancora non capisco questi parametri di giudizio.
L'ennesima serata a ballare al Peyote è passata e le mie palpebre sempre più pesanti. Squilla il telefono, è Potere. Ha dimenticato le chiavi. Quando entra mi dice – Scusami kardesim* -.
* = Fratelli, senza differenze di genere. Kardesim= mio fratello, mia sorella.