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domenica 30 gennaio 2011

Possessivi: il mio taxi. (L´ultimo di Dicembre 2010)

Eccoci qui. Finito il corso, tempo di esami.
L'impegno da parte di tutti è stato incredibile: mai visto nessuno con tale forte motivazione ad imparare una lingua straniera, o almeno nella mia esperienza di insegnante di italiano per stranieri.
Il giorno dell'esame tutti concentrati sui nostri fogli, seri, con le sopracciglia aggrottate, mordicchiando la penna. Il momento peggiore: i risultati, la consegna dei certificati. Dopo dieci minuti dalla fine dell'esame Brezza (Meltem, l'insegnante di turco) arriva con un sorriso smagliante. Qualcuno si è assentato un attimo per andar in bagno o a fumar una sigaretta, quindi lei insiste per aspettarli: “Bisogna esser tutti per la cerimonia di consegna dei certificati. Scopriremo chi è il migliore!”.
Ci scambiamo un'occhiata perplessa con il mio amico Taksim-dipendente che per prende per primo coraggio per chiedere: “Is she serious?”. “Of course not, she's joking!”, rispondo io, rifiutando assolutamente questa lontana e anti-pedagogica ipotesi. L'ipotesi irreale diviene presto cosa seria e concreta, con consegna dal più bravo al meno bravo. All'ultimo, manca un certificato. Dimenticanza – penso, in buona fede. Purtroppo no, niente certificato per chi non raggiunge un certo livello. Brezza si rivolge al povero studente dicendo, a più riprese, “Mi dispiace davvero, non c'è stato niente da fare”. Quasi fosse un medico alle prese con un paziente incurabile!

La migliore cura per reagire ad un anti-pedagogismo così accurato è sicuramente la buona compagnia. Quindi pranziamo insieme e presto dimentichiamo l'accaduto, tranne forse l'interessato, che lo coverà ancora per un po'... Restiamo in zona Taksim ovviamente, nome su cui scherziamo, infilando frasi a caso, freschi di esercizi di grammatica turca trovandoci la forma del possessivo.

Casa mi aspetta più lurida che mai, oltre che piena di gente. Eh sì, sabato viene celebrato il matrimonio di due amici di Ombra e per l'occasione ha invitato un numero imprecisabile di amici a casa. Capisco che vengono da tutte le parti più sperdute della Turchia, ma possibile che Ombra sia l'unico ad abitare a Istanbul?!?
Finalmente si scopre che sono solo cinque gli amici, che la notte non mi fanno dormire perché urlano e vaneggiano, sporcando il bagno appena pulito appositamente per loro. Ho dovuto aspettare a pulirlo perché non avevo i guanti: a guanti comprati e messi, mi son pentita di non averne comprati un secondo paio. Poi, vi sembra normale che io debba pulire per gli ospiti (puzzolenti tra l'altro) del mio coinquilino? Stavolta mi immedesimo in mia madre quando dice: “”E chi sono io?!? La cameriera?!?”.

La mattina, dopo una simpatica notte di canzoni urlate provenienti dal soggiorno, mi devo svegliare alle 5.45. Non è colpa mia.
Arrivano i francesi con l'autobus, provenienti dal soggiorno in Grecia e li devo andare a prendere perché non potrebbero mai trovare la mia strada, o meglio, la strada delle simpatiche donnine russe. E pensare che non sono stretti conoscenti: sono la sorella del mio amico conosciuto a Parigi e che vive oltreoceano con il suo ragazzo.
Peccato arrivino all'appuntamento solo alle 8 invece che alle 6. Stavo per andare via, quando li vedo arrivare. A casa mi sento sfrattata, occupata la mia stanza, pieno il soggiorno, mi ritrovo a fare compagnia agli insetti in cucina, con una sedia bassa bassa e il computer sul bancone, alto, troppo alto. Decido di fare un giro ma trovo solo una strada di negozi di divise per poliziotti.


Ore 19.25 precise appuntamento davanti al Consolato Italiano. Canta un tenore italiano e mi commuovo inevitabilmente fino al momento del bis: non riesce a rinunciare a o sole mio e turnassurient. Il mio amico libanese è entusiasta e non smette di ringraziarmi per il fatto che altrimenti non sarebbe mai venuto a conoscenza del concerto se non fosse stato per me.
Il posto scelto per la cena è l'istituto turco di cucina, dove la nostra cuoca australiana ha fatto un really expencive corso. I piatti sembrano tutti allettanti sia in lingua turca che in inglese e scorriamo il menu mangiandolo con gli occhi. Immaginate la sorpresa quando mi vedo arrivare un piatto con una vera e propria cotoletta alla milanese! Certo, il tutto accompagnato da carote tagliate a forma di rosa e patate fatte a mo' di stelle, ma pur sempre una cotoletta!!!!! La scelta più fortunata la fanno le tedesche: Anne prende una deliziosa pietanza composta da mele cotogne ripiene di carne macinata, riso e spezie, mentre Katharina un delizioso coscetto di pollo reso accattivante da tanti chicchi di melograno e noci tritate.

Dopo una serata così non ci rimane che andare a sfogarci, bevendo e ballando. Infiliamo all'ultimo piano di un palazzo, accedendo così al locale forse più noti agli stranieri che vivono e/o transitano ad Istanbul: mi spiace deludervi, ma scordo sempre il nome, ve lo dirò al più presto.
In un batter d'occhio tutti a scatenarsi in pista, tranne il piccolo timidone che rimane seduto muovendo, non troppo a tempo, le spalle e, nei momenti di slancio, la testa. La mia compagna di viaggio greca lo rinomina infatti il signor ”ballo sulla sedia”, aggiungendo un: ”Patetico!” dall'alto del suo vestito giallo anni '70 abbinato a degli stivali di gomma blu elettrico.
Con lei mi accingo alla terrazza per fumatori. Attorno a noi i tetti d'Istanbul a perdita d'occhio, una quantità imprecisata di moschee, una vista da togliere il fiato. Proprio un panorama da condividere con qualcuno. Realizzo di essere con Dora e la sua mise sgargiante: la guardo, lei mi sorride  mostrandomi i suoi denti gialli a causa del pacchetto giornaliero di Malboro.
 
Anche il tempo dell'ultima cena arriva velocemente e mi sembra doveroso preparare qualcosa al mio caro amico Ombra. Porto in tavola un'improvvisata pasta al forno che Ombra insulta a voce alta, continuando comunque a mangiare. I franzosi, con un divertente sguardo attonito, non sanno proprio come comportarsi di fronte a questa così spontanea maleducazione.

La mattina successiva mi ritrovo alla fermata dell'autobus che porta all'aeroporto senza nemmeno rendermene conto. Mi risvegliano tre bellissime ragazze che parlano una lingua molto interessante: un italiano inglesizzato arricchito da turco e un pizzico di tedesco. Non riesco a non trovare una scusa per inserirmi nel discorso. Diventiamo subito amiche del cuore e scopro che sono una ragazza tedesca e due turche che parlano in spagnolo. Grazie, penso.

Catapultata in aeroporto subisco meccanicamente le varie fasi del mio viaggio: Fiumicino, Termini, piazza Zama. Arrivata a Roma fa caldo, caldo caldo, ancora.