I
due posti a Roma in cui bisogna stare attenti agli scippi sono il
mercato di Porta Portese e l'autobus numero 64.
Domenica
salpo per Porta Portese, facendo affari incredibili, anche
svogliatamente, dopo non esser riuscita a trovare quello per cui ero
venuta: lo specchietto sinistro del mio affidabilissimo Agility –
un nome un programma – maltrattato dalla peggiore manifestazione di
romanità, la maleducazione.
Al
lato delle bancarelle c'è una faccia di questo posto che non si
anima solo la domenica. In vecchi magazzini malconci sfilano file di
caschi, tute, ricambi di biciclette che solleticano vorticosamente i
miei ricordi. Nient'altro che la concorrente d'Oriente, nei suoi
ferramenta di Karakoy e, perché no, nella strada di ricambi d'auto
della casa mia e di Ombra.
Un
piccolo scorcio che accorcia le distanze tra me e la mia Istanbul,
facendomi intravedere un possibile nido dove restare, forse.
Insacchetto
due camicie semiserie, o come va di moda nel mio mondo dire, da
colloquio, un paio di pantaloni che non mi entreranno e un miniabito,
per una di quelle serate per le quali mia madre pensa sempre che
bisogna essere preparati. Inutile dire che non ce ne sono mai state
di queste famose serate. Non partecipo mica a serate di beneficenza
con i soldi degli altri, io. Totale 3 Euro, devoluti per la mia
causa, naturalmente.
Le
nuvole sono come le mie camicie nuove di mercato, quindi decido di
proseguire, ancora un po'. Il caffè, servitomi da un cinesino rasta
con accento romanaccio e pagato ad una stupenda ragazza caraibica, mi
dà la grinta giusta per razzolare in un banchino di libri che
stuzzica il mio appetito quanto solo un buon tramezzino
tonno-pomodoro riesce a fare. Il mio portafogli mi obbliga a dure
scelte. Mi porto a casa la guida rossa di Roma, devo davvero imparare
a conoscerla questa città. Lascio con amarezza un Assimil portoghese
brasiliano, mi prudono le mani, tornerò. Un ometto romano si premura
d'informarmi subito che c'è anche il prontuario per il greco antico,
elencandomi diatribe di decenni sulla pronuncia del “vecchio e
nuovo” greco.
-
Sono completamente ignorante in materia – rispondo, cercando di fuggire dai
suoi fiumi di parole e quelli creati dall'acquazzone estivo
scatenatosi in quel momento.
Alla
prima goccia, tutti i curiosi intenti a sfogliare pagine di
positivismo, Ebla e simbologia primitiva si muovono a ritmo, come se
richiamati dall'alzabandiera e via, in salvo tutti i libri!
Alla
fine della gita spunta dal mucchio delle banalità una bella
coccinella.
Buona
Fortuna.
E'
già l'una passata, la fame si sente come la voglia di mangiare,
magari a casa.
Quindi,
cosa può essere meglio di un delizioso un kebab siriano?