Questa volta ho solo parole nel mio sacco per raccontare di un fine-settimana di tipica vita turca a Istanbul.
La sbornia del venerdì si fa sentire durante la mattinata, e per alcuni per tutto il giorno. La sveglia suona ricordandomi la mia promessa fatta a Ombra, di preparargli il pranzo per quando avrebbe avuto la pausa dal lavoro. La bionda e il silenzioso amico dormono sogni tranquilli mentre io con ancora il sapore di caffè in bocca mi arrabatto a preparare peperoni, zucchine e uova. L'odore arriva fino in camera, disgustoso per chi si è appena svegliato dopo poche ore di sonno e tanta birra alle spalle.
All'arrivo di Ombra la famiglia si riunisce nel salotto.
L'invito di Ombra sembra la cosa più appropriata da fare in questo sabato comatoso, e anche l'unica.
Dopo esserci vestite, io e Anne ci avviamo quindi allo scavo dove lavora il mio coinquilino. Uno scasso enorme, profondo 8 metri che si estende per chissà quanto. Ombra ci mostra prima la pianta: i quadrati, impossibili a contarli, sono di 50x50 metri. Ci affacciamo da una indegna balaustra e ci appare sulla sinistra il porto di Bisanzio, mentre sulla destra un terreno così nero che sembra un frullato di pneumatici, anche per la consistenza: quel nero ha 6000 anni più o meno, ma portati davvero bene. Anne è tra l'incredulo e l'incomprensione, è la prima occasione che ha di veder concretizzata quella così astratta parola archeologia. Ombra ci porta a prendere un te (si, hanno una caffetteria dentro allo scavo) perché da qui si riesce a vedere tutto lo scavo, dall'altezza delle nostre panche con i cuscini di velluto. A lavoro ci sono solo gli operai: alcuni scarrozzano carrette, altri spicconano con fin troppa enfasi, altri ancora invece guardano verso la Mecca, inginocchiati. Ma gli archeologi? A guardare video su Youtube in una delle baracche dove, almeno, ci mostrano aghi, spatole e quant'altro in legno provenienti dagli strati neolitici. Dato che non abbiamo paura di sporcarci Ombra è contento di portarci nel vivo dell'azione. Il livello nero è davvero incredibile sembra gomma e vernice nera allo stato puro. Anche il molo di Bisanzio ha il suo perché. Ovunque miliardi di cassette di ceramica e ossa impilate all'inverosimile formano stretti corridoi dove altri 'studiosi' si nascondono per ritardare il rientro a lavoro.
Stare qui mi risveglia un brivido che da un po' di tempo a questa parte stavo dimenticando, o forse stavo cercando di ignorare. Stavolta la rabbia non si manifesta (nonostante ci siano ragioni valide). Un brivido che mi pervade e che è suscitato dalla mia curiosità, dalla voglia di sapere, dalla volontà di stare a contatto con la terra e di sentirmi davvero partecipe di questo mondo.
Nella mia testa suona una musichetta.
Credo che la mia corazza si stia facendo yavaş yavaş più dura.
Ombra si palesa con l'ennesimo invito. Che dire?!? E' sabato sera, se si è invitati non si può fare a meno di uscire! Dopo un paio di birre e varie chiacchere, in cui includo qualche ravvisaglia di lezione di turco, raggiungiamo i ricconi dei nostri amici. Almeno, due di loro sono anche miei conoscenti, dato che ci siamo tutti incontrati in Erasmus a Parigi. Sono riusciti a scovare il bar più caro di tutta la città, con le casse sparate verso i poveri clienti. Son riusciti a farmi venire la voglia di tornare a casa.
La domenica è stato il giorno dello shopping. Meta: Ikea. Solitamente evito questi posti, specialmente nei giorni festivi, ma volevo rendere abitabile la mia camera almeno, e in questi posti è molto meglio per riuscire a capire i prezzi e far spese 'casalinghe'.
Raggiungiamo il Forum Istanbul con la metro e subito capiamo quanto questa idea non sia stata poi così felice. Çok kalabalik (leggi, c'è un cicciaio di gente)!
Il tempo stringe, mi avvio a casa, non prima di aver istruito Suzi e il suo ragazzo su dove prendere il bus.
La sera si presentano a casa altri due amici di Ombra che, pazienti, mi indirizzano qualche semplice domanda in turco. Dato che uno di loro era con noi a Parigi e ha studiato quattro mesi il francese, si stupisce quando capisco qualcosa e si scoraggia sempre di più senza ragione.
Ieri al corso di turco abbiamo parlato un po' delle nostre carriere universitarie. Mi sono stupita di condividere gli stessi sentimenti occlusivi sia col crucco arrampicatore (non sociale, eh) che con Miss Doc. Who, entrambi schifati dalle dinamiche universitarie, fuggiti dal Phd. Credo però che coloro che capiscono questa sensazione riescano a voltare pagina, vivendo e non subendo tutte le figure retoriche di cui è fatta la nostra vita. Questa classe rivela sempre più sorprese. Probabilmente la volontà di imparare una lingua come il turco porta ad un legame molto più profondo di quello che si crea imparando una delle nostre lingue europee.
Domani impareremo le forme al passato.
Ci gireremo per guardarci alle spalle e saranno dolori.
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