Fuori piove.
E chi mai se lo sarebbe aspettato da Istanbul. Sì perchè qui piove spesso, del resto è autunno e non ci manca altro che un'altra persona vi informi di cose ovvie come i nostri telegiornali.
Sta di fatto che quando sono uscita stamattina pioveva in una maniera spaventosa, io non avevo l'ombrello, le grondaie in questo quartiere non si risparmiano e le canalette di scolo si trasformano in fiumi che più che kanalizazion (come dicono loro copiando il francese canalisation non con troppo successo) sembrava di attraversare il corno d'oro a piedi.
Non mi era bastata la mattina a lavare una cucina intera. Ancora acqua. Si perchè in fondo, svegliarsi la mattina (per giunta con la sveglia, quasi fosse un dovere mentre invece la mia si dovrebbe chiamare una 'vacanza-studio') per lavare una montagna di piatti con il caffè ammuffito, resti di yogurt con la pasta e almeno 5 servizi di posate dovrebbe diventare il testo di qualche comma 3c di qualche assurda legge. Via, ne passano così tante che sfido io a negare il piacere rilassante di svegliarsi con il pensiero, caldo sotto le coperte, di lavare il prodotto di un mese di vita del proprio migliore amico turco. In fondo quanti ce ne saranno? Sei, sette? Qualcuno mi risponderebbe...cala cala Merlino! Io calo ma lancio l'appello! Chiunque ci sia all'ascolto mi contatti!
La serenità post-atomica da piatti sporchi non credo di potervela descrivere: non tanto per il pulito ottenuto dopo ma proprio per ciò che avevo trovato in precedenza. Lascio spazio alla vostra immaginazione. Yoga gratis allo stato puro.
Bene. Arriviamo all'uscita di casa. Ora prevista: 12. Ora effettiva: 13.40.
Sidar era effettivamente in trance, quasi l'avessi buttato giù dal letto. Per niente risanato dal mio ultra serré caffè di moka non usata da secoli (con l'acqua del rubinetto: memorandum n.1 “It's not healty for your body” Sidar docet) mi istruisce riguardo alla serratura della porta (memorandum n.2: mettere post-it per non finire chiusi fuori, già successo ovviamente a Sidar) e per le scale salutiamo il gatto del vicino che nemmeno ci dice Gunhaiden, maleducato.
Risiamo ai fiumi di sokaklar, la fame incombe e ci tuffiamo in una çorba non identificata e un piatto di makaroni allo yogurt effetto birra gelata sui denti- che dire, ottimo. 5 Lire turche cosa posso dire di più.
Finalmente mi guardo intorno: il quartiere è proprietà dei rivenditori di ricambi di macchine. Vetrine di fanali, candele, carburatori, il paradiso dei meccanici -penso. Tra due baffoni entriamo nell'atrio di un condominio, dove si apre un tugurio di scatolette impilate di chiavi in una parete e di insegne retro' in stile Toulouse_Lautrec di serrature. In fondo, nel lato corto, largo una spanna, il fattore di chiavi con la pancia appoggiata al banco. Capisco, deve pesare in effetti.
Ho quindi la chiave di casa anch'io, sono pronta a ripetere l'esperimento di Sidar.
Il momento di separarci per oggi è arrivato. Comprato il …. Sidar mi ripete i numeri dei bus da prendere: codici pin di lettere e numeri che mi ripete in spelling alternativamente turco e inglese. Poi mi butta in un bus la cui combinazione non mi era stata impartita dicendo: scendi a Taksim. Certo è dove devo andare -penso ancora, stolta.
Trovando posto sono felice ricordando la calca istabuliana bussiade, poi finisco col cedere il posto ad una vecchina gobba col velo a fiori in testa che mi ringrazia in modo chiaro e semplice “çok tesekkur ederim bayan”. Mi accorgo di non ricordarmi come risponderle e, in un momento di inconscia vergogna, le rispondo “Bitte!”. Bene, hanno scoperto che la mia rimane una faccia che sembra turca!
Ecco il ponte, siamo vicini. Vedo un'enormità di piazza e chiedo spaventosamente “Pardon, nerede? Taksim'da?” Memorandum n.3: devo capire come si chiede scusa per chiedere l'attenzione sennò qui non mi caga nessuno quando gli parlo.
Si, sono arrivata.
Almeno nell'attraversare la strada sono proprio turca dentro, si fottano i turisti impacciati.
Allora primo obiettivo: MMO Istanbul. Sidar mi ha stampato la cartina, dovrebbero essere loro a organizzare i corsi Tomer: corsi di turco per gli stranieri la cui fama li precede e gli attestati si sprecano. Ma come?!? manca il numero civico e il puntino sulla mappa è a metà tra 2 strade. Mamma li turchi! Nessuno conosce 'sto posto, o almeno io non riesco a chiedere molto più di sconnessi Turkce okula, o Tomer. Finalmente due tipi acconsentono dicendo una parola tipo ministere, la vera natura del luogo che sto cercando è infatti una sede ministeriale.
Una serie di giovani (giovanissime oserei dire) donne affolla la reception. La più carina risponde al mio “Pardon, inglizce konusiorsunuz?” (cfr. memorandum n.3) con un “maybe..little”. Della serie, se non lo sai tu bimba chi lo deve sapere?!? Dopo 20 minuti si riesce a trovare al secondo piano (su 7) una donna, addetta agli stranieri per così dire, ma non sembra proprio capire la mia domanda. Mi risponde che no, non organizzano nessunissimo corso per noi ignoranti stranieri. Solo quando gli scrivo Tomer su un foglio capisce e mi dice che avevo sbagliato posto. Mi stampa una cartina col luogo corretto che infatti si chiama Tomer. Gentilissima si era proposta pure di chiamare il mio amico che aveva stampato apposta per me la cartina precedente.
Arrivata in 2 secondi a destinazione m'imbatto prima in un giapponese poi nel receptionista turco più brutto e insolente del mondo. Non mi dilungo per non annoiarvi ma rimando l'iscrizione e me ne vado un po' schifata a dire il vero.
Volgo verso l'altra possibilità, la Dilmer. Dopo un paio di persone che mi danno informazioni sbagliate (come facciamo noi a Firenze del resto) arrivo grazie ad un portiere vecchino. L'ambiente è molto più amichevole (“They are a private school Marianna...” come dice giustamente Sidar rivolgendosi ad un'ingenua) e anche meno caro (traslato dai francesi). Rimando l'iscrizione perchè mi voglio fidare dei forum che controllerò a casa più tardi.
Rimane da fare un po' la turista. Mi avvio verso Galatasaray. Piove. I miei calzini sono bagnati, del resto come si fa ad evitare le pozze più grandi di te.
Un çay è ciò che serve. Rigenerante. Perchè in Italia non abbiamo questa tradizione?!? Poi in quei bicchierini c'è il piacere di quei depravati che, come me, degustano il bollore del caffè in vetro. Solo che è te.
[istituto francese di cultura, mancato concerto di Hindi Zahara]
Sidar mi chiama blaterando punti d'incontro. Ma non capisco. La pioggia, nomi turchi di strade..Gli chiedo di scrivermi un messaggio e ovviamente la mia lista piena rallenta i tempi. Mi richiama e finisco i soldi. Memorandum n. 4: comprare un cellulare turco. Tocca trovare una cabina. Morale della favola eravamo a 10 metri, che telepatia ho col mio amico turco. Menomale oserei dire un'altra volta, usando quest'espressione insolente.
Quali sono quindi i piani? Conferenza sull'architettura neolitica di un sito anatolico. Così anch'io potrò capire come si sentiva lui nelle lezioni di Neolithisation a Nanterre. “Unico consiglio: dopo 10 minuti noterai un'attrazione verso il soffitto: non ti vergognare!”. Saggio Sidar.
La conferenza non è niente di meno che al Palais de France. Una chicca coloniale francese d'inizio secolo con palme e querce e baldacchini in stile liberty. La borsa va passata sul nastro e noi passiamo l'imbarco al gate, fidandoci a lasciare il passaporto. Il complesso è stupendo, invisibile dalla strada erta e irta di catapecchie grazie ad un muraglione che farebbe invidia alle cinte medievali nostrane.
La mia fortuna mi porta a conoscere un'assistente dell'università di Paris-X, parliamo un po' in francese; per non parlare delle slides della presentazione in inglese! Si parla della coesistenza di architetture sub-ovali e rettangolari nello stesso strato, il più antico, seguito da un momento di abitazione sui tetti alla çatal-huyuk ad un abbandono di certi edifici poi adibiti ad aree funzionali ma non ho capito funzionali a che cosa. Lo strato successivo sarebbe stato interessante (ma erano tante immagini e nessuna scaletta anglofona) in quanto vi erano delle sepolture con testimonianze di trapanature nel cranio nelle donne e fasciature per la manipolazione artificiale (artificiosa!) del cranio nei bimbi. Porelli!
La fame ci porta a mangiare 2 wet-hamburger, boni ahò!
Presto siamo a casa, preparo la mia camera finalmente sgombra e con Sidar ci godiamo una meritata sigaretta. Provo a iniziare a studiare turco. (<-- vedi mise 1)
Due chiacchere improbabili su skype con Alye, la sorella di Sidar, danno inizio alla mia serata di relax. Non prima di esser presa per i fondelli per la mia simpatica frase “don't warry if you can't speak english, we'll speak turkish when i'll finish my turkish course in 1 month” da lei, a sua volta presa per i'culo dalla ragazza di Sidar, nonché coinquilina di Alye, per il suo “I don't speak english but I can understand”. Mentirosa!