Stamattina non è cominciata come una delle migliori. Dopo essermi stiracchiata tutti i muscoli ho mosso pochi passi verso la cucina, il bagno e di nuovo in camera. Il sole passa dalla finestra mentre mi metto in posizione Skype. Non avevo proprio guardato le notizie.
Compresa la preoccupazione dei miei compari italiani, riesco a tranquillizzare tutti. Di nuovo, mi mostro apatica. Come se fosse una cosa normale.
D'altro canto vengo derisa a più riprese da Ombra (cfr. Sidar) e Fossette, e poi dai loro amici: ho semplicemente chiesto “What happens?” quando ieri sera è saltata la corrente. Qui è una cosa da niente: salta senza che nessuno se ne stupisca. Non c'è nessun interruttore da tirar su. Ombra mi ricorda che sono really europea. Sempre ieri sera Ombra mi racconta dei nostri vicini, prevalentemente donne. La tipa che abita nel nostro pianerottolo lavora principalmente di notte, è una biondona russa. La vecchina di sotto sembra venire da un vecchio film di paura: è tanto tanto carina, educata e gentile, peccato che sia sfregiata per metà del suo viso. Sono curiosa di vederle.
Oggi la giornata è piacevole e, nonostante abbia davvero tanto da studiare, non voglio sprecare la mia permanenza qui a stare tutti i giorni in casa. Mi avvio a ripetere il percorso dell'altro giorno, ma con una luce eccezionale, quella del sole d'inverno.
Passo per il viale principale, Ordu Caddesi, scrutando quel che resta del Foro di Teodosio, che tra il marciapiede e la strada muta in cassonetto e portacicche a cielo aperto. (mise 6)
Arrivo di nuovo inevitabilmente a Hagia Sophia. Oggi è più bella e maestosa, la pioggia non le rendeva giustizia. (mise 7)
Mi siedo e osservo un po' i turisti. I più beceri, come al solito, sono gli italiani, non c'è proprio nulla da fare. Tra l'odore delle pannocchie di granoturco e castagne arrosto, mi avvicino con cautela al mare, ma non troppo.
Nella strada di casa mi aspettano altre donne, impavide, inamovibili, ma, soprattutto, inquietanti. (mise 8)
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